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  • Immagine del redattoreSimo Cocco

Quando ritorni da un grande viaggio

Aggiornamento: 9 mag 2023


Ci sono notti in cui non riesco a prendere sonno, come questa. Nella mia mente si accendono immagini e ricordi, rivivo con una lucidità spiazzante attimi e luoghi di quei mesi di viaggio, ormai lontani. La pelle mi brucia di un fuoco che non riesco a spegnere. Non mi è mai capitato di ricordare così bene una parte della mia vita. Ci sono notti in cui ripenso a quel tragitto di strada che a Huaraz facevo almeno due volte al giorno per andare in centro città a contrattare con le agenzie di trekking e poi tornare all’ostello. Ricordo esattamente ogni metro, ogni negozio, ogni casa. Dove ci fermavamo a comprare lo snack per merenda. Ricordo il tepore degli ultimi giorni passati lontano dalla città e vicini alle montagne. Piante di grano al vento e guglie di ghiaccio a far da cornice. Penso a quell’esatto momento a Putre in cui sotto un sole caldo e un cielo fresco e limpido nel cortile dell’ostello Pachamama ho preso la decisione di spostare il mio rientro di un mese. La chiamata alla compagnia aerea, il cambio di data, e un’emozione sotto pelle come una scarica elettrica.

Sento sulle mie spalle il fiato corto in cima alla montagna colorata di Suriplaza, dove mi trovavo da solo, unico essere umano in un paradiso terrestre sconosciuto a 5.000 metri di altezza. Penso ai giorni solitari passati a Puerto Montt. A ricaricarmi dopo il faticoso trekking in Patagonia. Ripenso a quel gestore di ostello che sembrava uscito da un film dei fratelli Coen e parlava ridendo o rideva parlando, sotto quei baffi ben più lunghi e buffi dei miei. Riassaporo la pace de Los Uros, e il cielo stellato di Isla del Sol che mi hanno fatto innamorare. Rivedo timidi sorrisi e riascolto parole rubate per strada a Taquile. L’atmosfera del Lago Titicaca che mi culla in una primavera perenne. I ricordi, le immagini, le sensazioni vibrano. Con un’intensita che a volte mi sorprende e che non mi sarei mai aspettato. A chi oggi me lo chiede “come è stato?” Rispondo: “È stata l’esperienza più bella della mia vita!”. È stata l’esperienza più libera della mia vita. Libera dagli schemi, dagli stereotipi, dalle preoccupazioni quotidiane, dalla routine. La libertà dai miei porti sicuri o zone di comfort. La libertà di scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo e la libertà di vivere nella semplicità. La libertà di essere felice per le piccole cose. Prima di partire per un grande viaggio tutti ti diranno che sarà una figata e sì, sarà vero. Ma pochi ti diranno quanto sarà dura tornare. Tornare a una vita cristallizzata, immobilizzata a quel momento in cui hai salutato i tuoi cari e ti sei voltato verso le porte di accesso ai gates di imbarco. Nessuno ti dirà cosa fare quando la notte nel tuo letto la pelle brucerà e l’unica soluzione ragionevole ti sembrerà quella di ripartire. La parte dura sarà questa: lottare per portare avanti il tuo cambiamento in un mondo che ti sembrerà uguale a quando sei partito ma al quale in fondo appartieni. Non ritornare dentro le tue zone di comfort. Sono contento allora di sentire la mia pelle bruciare e di non prendere sonno. È il monito di quella libertà che ho assaporato e sembra sussurrarmi: sei arrivato fin qui, perché dovresti fermarti o scappare? Di cosa hai paura? Non riesci a far capire agli altri cosa è cambiato in te? Hai paura di fallire nei tuoi progetti? È solo un’altra parte del viaggio, devi andare avanti e ti volterai a sorridere anche a questi cambiamenti.

Proprio adesso ricordo la parte più importante di tutta questa grande esperienza: la mia paura e i miei dubbi vani prima di partire, prima di partire per l’esperienza più bella della mia vita.

Photo credits: mostly Val; Vin, myself and an unknown China guy

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