Sono a Puerto Natales nella patagonia cilena. Dopo una breve tappa a Santiago sono atterrato in questa terra affascinante e nostalgica, sferzata da un vento forte e quasi costante, nel senso che quando non è forte è fortissimo.
Ho appena finito di preparare lo zaino per domani, alle sei la sveglia e poi un bus mi porterà all'ingresso del Parque Nacional Torres del Paine. Da qui inizierò la mia grande avventura di 8 giorni di trekking, tra ghiacciai e montagne che sono un pò il simbolo della Patagonia. Starò a stretto contatto con la natura e con i suoi elementi, questa volta mi sono anche già assicurato di aver con me le SD della reflex così potrò scattare come un pazzo. Chissà cosa dimenticherò.
Puerto Natales ha il classico aspetto di quelle cittadine che sono un pò l' avamposto di un turismo semi-avventuriero e un pò il ritratto nostalgico di un luogo ai confini della terra. I turisti che alloggiano qui per la maggior parte si apprestano ad affrontare i trekking nel Parque. Chi abita qui invece non è più discendente degli originari Patagoni ma lavora per lo più nell' indotto del turismo.
Si narra che gli europei invasero il Cile passando da queste terre e arrivando dall' oceano. Magellano, alla vista delle impronte enormi lasciate sulla neve dalle popolazioni autoctone, decise di chiamarli "Patagoni", più o meno la traduzione di un nostro "piedoni". Vallo a spiegare a Magellano che i piedoni erano tali per via delle pelli con cui venivano fasciati i piedi, per evitare il congelamento.
Forse è anche dovuto alla storia triste di questo posto che si respira ovunque aria di nostalgia: nostalgia per un mondo passato, nostalgia per una popolazione sterminata, nostalgia per una natura che lenta purtroppo sta svanendo, sotto i duri colpi dell'innalzamento delle temperature.
C'è talmenta tanta nostalgia qui che anche i cani si struggono sul pontile.
A Natales.
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