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  • Immagine del redattoreSimo Cocco

La Cordillera Huayhuash

Aggiornamento: 20 mag 2023


La Cordillera Huayhuash

Sono le 2 di notte a Huaraz e nella stanza di questo ostello un po’ anni 90 non riesco ad addormentarmi. La mia mente è ancora tra i paesaggi meravigliosi della Cordillera Huayhuash, da cui sono tornato poche ore fa. Eppure la stanchezza è tanta: per 7 giorni abbiamo camminato con una media di 7 ore al giorno per un totale di circa 100 km. Sveglia alle 5:30, cena alle 18 a lume di candela e alle 20 tutti a nanna dopo una camomilla all’acqua di ghiacciaio. Quasi sempre più in alto della media dei nostri ghiacciai europei, a un passo dalle stelle e con il fiato corto.

Ora dopo ora, km dopo km, la realtà ha superato il sogno. Il circuito intorno alla cordillera mi ha regalato panorami unici, di una bellezza sconvolgente. Non stento a credere che sia considerato uno dei trekking più belli al mondo, con la vista che si perde su ripide pareti di ghiaccio che si stagliano come lame contro il cielo e si specchiano in lagune color smeraldo. Abbiamo scelto la via semi-alpina per questo trekking, più corta di quella normale in termini di giorni ma più impegnativa e spettacolare. Ogni giorno abbiamo superato un passo, alcuni giorni due, sempre tra 4700 e 5000 metri di altezza. Ogni passo ci ha regalato uno scorcio diverso sulle vette aspre e magnifiche a cui abbiamo imparato a dare un nome giorno dopo giorno: Jirishanca, Yerupaia, Carnicero, Trapezio. Sono cime talmente verticali e inaccessibili che ben pochi alpinisti provano a conquistarle. La più semplice si chiama Diablo Mudo. E ci siamo capiti.

Il giorno del passo di San Antonio stavamo scendendo lungo un pendio molto ripido, ognuno a modo suo, chi scivolando, chi quasi a quattro zampe e chi, come Mark, correndo con in testa il suo mitico colbacco e ai piedi delle scarpe da ginnastica senza suola con cui non andrei neanche a fare due passi al vale, quando dal Siula Grande si distaccò una valanga impressionante con un frastuono roboante che ha lasciato tutti di stucco. Uno spettacolo a cui abbiamo assistito intimoriti e affascinati. La mia mente è subito volata alle vicende svoltesi proprio su quella montagna, quando l’alpinista Joe Simpson sopravvisse diversi giorni sul ghiacciao, strisciando con la gamba rotta fino al campo base, mentre il suo compagno lo pensava morto.

Sono montagne cariche di storie, le storie delle persone che vi si avventurano in solitaria, o in gruppo come noi. Guidati da Binder e dal suo aiutante Arnolfo, 21 anni, scarpe da calcetto consumate, radio in mano con musica boliviana a palla e giù trotterellando dalle montagne come se niente fosse. Un giorno il cavallo di emergenza, a disposizione in caso di urgenze, è scappato: Arnolfo si è messo a correre, a 4600 metri, come neanche Bolt alle olimpiadi. A vederlo mi è venuto il fiatone e mi han dato la bombola di ossigeno. Sono contento di aver scritto qui una parte della storia di questo mio viaggio: sono contento di averla condivisa ancora una volta con Giada e Vin, i miei amici conosciuti in Patagonia in occasione di un altro trekking, con Valerie, che non doveva neanche venirci qui e non aveva le scarpe adatte, con Mark che mi ha involontariamente convinto a comprare un drone, con Sohir, con Sara, con Maggy, con Laura, con Richard. Con le persone che questi luoghi li vivono e li rispettano perchè danno loro un lavoro: Binder, Arnolfo, l'arriero con i suoi muli con sopra le nostre tende e i nostri zaini.

Huayhuash: ho sognato così spesso di trovarmi qua che alla fine è diventato realtà. Mi viene in mente quando mio padre condivise con me queste parole di T.E. Lawrence: "Tutti gli uomini sognano, non però allo stesso modo. Quelli che sognano di notte nei polverosi recessi della mente si svegliano al mattino per scoprire che il sogno è vano. Ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi, giacchè ad essi è dato vivere i sogni ad occhi aperti e far sì che si avverino."

Sono le 3 di notte e continuo a rimanere sveglio: scorro le immagini che ho scattato nei giorni scorsi, mentre i miei sogni diventavano realtà e io li immortalavo con la mia macchina fotografica.

La Cordillera.

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